Blue Monday: davvero il giorno più triste dell'anno?
Gennaio non è un mese facile da affrontare: le festività natalizie sono finite, si torna al lavoro, le prossime vacanze sono lontane e la ripresa può spesso portare a fare bilanci o a farsi sopraffare dalla quantità di attività e buoni propositi che ogni inizio d’anno porta con sé, con il conseguente aumento di stress e ansia. A questo si aggiunge il terzo lunedì di gennaio, che, secondo un’equazione matematica, sarebbe il giorno più triste dell’anno, tanto da essere stato ribattezzato Blue Monday. Insomma, gennaio, con il suo “lunedì blu”, per molti rappresenta un inizio un po’ in salita dal punto di vista emotivo. Ma è proprio così? Proviamo a rispondere a queste domande analizzando le richieste per Psicologo pervenute su ProntoPro negli anni. Continua la lettura per scoprire di più!
1. Blue Monday e benessere mentale: i dati confermano che gennaio è un mese sensibile
Osservando l’andamento delle richieste di psicologi nel mese di gennaio si nota che la settimana che registra il picco è proprio quella del Blue Monday, che in alcuni casi supera di oltre 10 punti percentuali le ricerche effettuate nei primi sette giorni dell’anno. Nel gennaio 2023, per esempio, le richieste avvenute in concomitanza del “lunedì triste” hanno raggiunto il picco massimo del mese, pari al 28% (contro il 17% della prima settimana e una media mensile del 20%). Un andamento simile è stato registrato nel 2022, nel 2021 e nel 2020, dove nella settimana del Blue Monday si sono concentrate rispettivamente il 24%, il 22% e il 25% delle richieste, contro una media mensile che si è attestata sempre intorno al 20%.
Inoltre, gennaio è il mese nel quale viene solitamente registrata su ProntoPro un’impennata nella domanda di psicologi rispetto agli altri periodi dell’anno. Nel 2023, infatti, nel primo mese, le richieste hanno raggiunto il 21%, contro una media annuale di poco superiore all’8%, che sia a causa del “lunedì triste” o il risultato dei buoni propositi di inizio anno, gli italiani sono sempre più impegnati nel prendersi cura della propria salute mentale. Lo dimostrano anche i trend del 2023, che vedono il servizio al primo posto della Top 10 annuale e una crescita del +15% rispetto all’anno precedente.
2. La Gen Z rompe i tabù: il 44% di chi cerca uno psicologo ha tra i 19 e i 25 anni
Analizzando il comportamento delle varie fasce d’età, si nota che a cercare il supporto di uno psicologo, nel 2023, sono stati soprattutto i ragazzi maggiorenni sotto i 25 anni (44%), una generazione che mostra un costante e crescente interesse per il benessere mentale e registra infatti la più elevata percentuale di crescita rispetto all’anno precedente nella domanda per servizi di questo tipo: +6% rispetto alle altre fasce d’età. A seguire, i Millennial (26-35 anni), dai quali viene il 26% delle richieste per supporto psicologico.
Solo il 14% della domanda di psicologi proviene, invece, da persone tra i 36 e i 50 anni, con un calo del 3% rispetto al 2022, mentre l’8% viene da chi ha tra i 10 e i 18 anni (in calo di due punti percentuali rispetto al 2022). Fanalino di coda sono coloro che hanno più di 51 anni, che, con solo il 7% di richieste per questo tipo di servizi, risultano trascurare un po’ di più la salute mentale.
3. Salute mentale: il 60% di chi cerca uno psicologo lo fa per disturbi legati all’ansia
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono oltre 300 milioni le persone che, nel mondo, soffrono di problemi d’ansia¹ , il disturbo più comune tra quelli legati al benessere mentale e che, in Italia, riguarda quasi due milioni e mezzo di individui².
I dati raccolti lo confermano: considerando tutte le richieste di supporto psicologico registrate dal nostro portale, oltre il 60% di chi è alla ricerca del servizio lo fa per problemi legati ad ansia, stress, attacchi di panico e paure, un bisogno cresciuto del 5% rispetto al 2022. Parallelamente, tra le motivazioni più comuni per rivolgersi a uno specialista ci sono anche i problemi di personalità, come la bassa autostima o la rabbia, che interessano il 50% dei richiedenti. Più basso, invece, il numero di utenti che chiede un consulto per problemi relazionali (32%), depressione (29%), traumi (20%), problemi sessuali o di coppia (18%), disturbi alimentari (12%) o dipendenze (7%). Il 26% degli utenti è infine alla ricerca di una consulenza generica³ .
4. Supporto psicologico: gli under 18 alla ricerca di aiuto per disturbi alimentari, gli over 50 per depressione
Confrontando i dati, si scopre che, dal punto di vista dei bisogni, le fasce d’età mostrano alcune specificità. Per esempio, i ragazzi tra i 10 e i 18 anni sono quelli che più degli altri ricorrono alla terapia per disturbi alimentari (un’esigenza espressa dal 16% di loro, ben 4 punti percentuali in più rispetto al 12% della media nazionale di chi è alla ricerca di supporto psicologico); tra i 26 e i 35 anni, invece, si va in terapia, più delle altre fasce d’età, per dipendenze (10%) ma anche per problemi relazionali (33%) — quest’ultimo dato è superiore solo nella fascia 19-25 —; mentre nella fascia 36-50 anni si trova la percentuale più alta di ricerca di supporto per problemi di coppia (27% delle richieste, contro la media nazionale del 18%). Alla ricerca di una consulenza generalizzata sono invece soprattutto i genitori preoccupati per i bambini sotto i 10 anni, mentre le richieste per depressione arrivano in particolare dagli over 50.
Nei ragazzi tra i 19 e i 25 anni quasi tutte le problematiche sembrano più accentuate rispetto alle altre fasce d’età, ma registrano percentuali superiori agli altri quelle legate ad ansia, stress, attacchi di panico e paure (64%), ma anche a problemi di personalità (52%) e traumi (23%).
5. La decrescita del digitale: in aumento le richieste di sedute in studio
Su ProntoPro, la maggior parte degli utenti alla ricerca di uno psicologo è interessato alla terapia individuale (oltre il 90%): un’evidenza che conferma le preferenze e le necessità registrate nel 2022.
A cambiare, invece, sono le modalità: se nel 2022 le richieste di un consulto online rappresentavano quasi il 13% del totale, nel 2023 sono scese a poco più dell’8%, a favore delle sessioni in studio, che dall’87% salgono all’89%. Un dato che, se incrociato con quello demografico, potrebbe comunicare la ricerca di un contatto umano da parte della Gen Z, che tra le mura domestiche e online non si sente a proprio agio nel parlare con uno psicologo.
3. Le percentuali registrate derivano da una domanda a risposta multipla.